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2013-11-07 15:39:28 +00:00

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The FreeBSD Italian Documentation Project
$FreeBSD$
Original revision: 1.312
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<chapter xmlns="http://docbook.org/ns/docbook" xmlns:xlink="http://www.w3.org/1999/xlink" version="5.0" xml:id="security">
<info><title>Sicurezza</title>
<authorgroup>
<author><personname><firstname>Matthew</firstname><surname>Dillon</surname></personname><contrib>La maggior parte di questo capitolo è stata presa
dalla manual page security(7) di </contrib></author>
</authorgroup>
</info>
<indexterm><primary>security</primary></indexterm>
<sect1 xml:id="security-synopsis">
<title>Sinossi</title>
<para>Questo capitolo dà un'introduzione di base sui concetti dei
sistemi di sicurezza, alcune buone regole di comportamento e alcuni
argomenti avanzati per &os;. Molti degli argomenti qua trattati possono
essere applicati anche ai sistemi e alla sicurezza su Internet in
generale. Internet non è più il luogo
<quote>amichevole</quote> dove ognuno vuole essere il tuo gentile vicino.
Mettere in sicurezza il tuo sistema è un imperativo per la
protezione dei tuoi dati, della tua proprietà intelletuale, del tuo
tempo e molto altro dalla mano di hacker e simili.</para>
<para>&os; dà un insieme di utility e di meccanismi per assicurare
l'integrità e la sicurezza del tuo sistema e della tua rete.</para>
<para>Dopo la lettura di questo capitolo, conoscerai:</para>
<itemizedlist>
<listitem>
<para>Concetti di base dei sistemi di sicurezza, rispetto a &os;.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Vari meccanismi di crittografia disponibili in &os;,
come <acronym>DES</acronym> e <acronym>MD5</acronym>.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare l'autenticazione OTP (password a singolo
uso).</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare i <acronym>TCP</acronym> Wrapper per l'uso con
<command>inetd</command>.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare <application>KerberosIV</application> su
&os;.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare <application>Kerberos5</application> su &os; 5.0
o successivi.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare IPsec e creare una <acronym>VPN</acronym> tra
macchine &os;/&windows;.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come configurare e usare <application>OpenSSH</application>,
l'implementaizone <acronym>SSH</acronym> usata da &os;.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Cosa sono le <acronym>ACL</acronym> del file system e come
usarle.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come usare l'utility <application>Portaudit</application> per
monitorare i pacchetti software di terze parti installati dalla
Ports Collection.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Come utilizzare le pubblicazioni sugli avvisi di sicurezza di
&os;.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Avere un'idea di cosa sia il Process Accounting e come abilitarlo
su &os;.</para>
</listitem>
</itemizedlist>
<para>Prima di leggere questo capitolo dovresti:</para>
<itemizedlist>
<listitem>
<para>Capire concetti base di &os; e Internet.</para>
</listitem>
</itemizedlist>
<para>Altri argomenti inerenti la sicurezza sono trattati in altre parti di
questo libro. Ad esempio i meccanismy di MAC sono discussi in <xref linkend="mac"/> e la gestione dei firewall in <xref linkend="firewalls"/>.</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="security-intro">
<title>Introduzione</title>
<para>La sicurezza è una funzione che inizia e finisce con
l'amministratore di sistema. Nonostante ogni sistema multi-utente &unix;
BSD abbia della sicurezza insita, il lavoro di costruire e mantenere
meccanismi di sicurezza aggiuntivi in modo da mantenere
<quote>onesti</quote> gli utenti è probabilmente uno dei maggiori
lavori di un amministratore di sistema. La macchine sono sicure solo
quanto le si rende e le richieste di sicurezza si scontrano sempre con
l'umana necessità per la comodità. I sistemi &unix;, in
generale, sono capaci di eseguire un gran numero di processi contemporanei
e ognuno di questi processi opera come server &mdash; nel senso che
entità esterne possono connettersi e parlarci. Mentre i mini e i
mainframe di ieri diventano i desktop di oggi, mentre i computer diventano
interconnessi e internet-connessi, la sicurezza diventa un problema
sempre maggiore.</para>
<!--DELETED
<para>Il modo migliore per implementare la sicurezza è con un
approccio <quote>a cipolla</quote>. In pratica, quello che vuoi fare
è creare tanti livelli di sicurezza quanto è conveniente e
poi tenere sotto controllo il sistema per vedere eventuali intrusioni.
Non vuoi esagerare nella sicurezza o interferirai con l'individuazione e
quest'ultima è una delle parti più importanti di ogni
meccanismo di sicurezza. Per esempio, ha poco senso imopstare il flag
<literal>schg</literal> (vedi &man.chflags.1;) su ogni binario di sistema
dato che questo potrà sì proteggere temporaneamente i
binari, ma evita che l'attaccante faccia una modifica facilmente
individuabile e potrebbe far in modo che il tuo meccanismo di sicurezza
non individui l'attaccante del tutto.</para>-->
<para>La sicurezza di un sistema riguarda anche il gestire varie forme di
attacco, compresi attacchi che tentano di bloccare, o comunque rendere
inusabile, il sistema, anche se non necessariamente cercano di
compromettere l'account di root <systemitem class="username">root</systemitem> (<quote>rompere
root</quote>). I problemi di sicurezza possono essere suddivisi in
svariate categorie:</para>
<orderedlist>
<listitem>
<para>Attacchi che limitano la disponibilità dei servizi
(<quote>Denial of service</quote> o, in breve, DoS).</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Compromissione degli account utente.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Compromissione di root tramite server accessibili.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Compromissione di root tramite gli account utente.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Crazione di backdoor (letteralmente <quote>porte sul
retro</quote>, ovvero accessi secondari personalizzati).</para>
</listitem>
</orderedlist>
<indexterm>
<primary>attacchi DoS</primary>
<see>Denial of Service (DoS)</see>
</indexterm>
<indexterm>
<primary>sicurezza</primary>
<secondary>attacchi DoS</secondary>
<see>Denial of Service (DoS)</see>
</indexterm>
<indexterm><primary>Denial of Service (DoS)</primary></indexterm>
<para>Un attacco DoS è un'azione che priva la macchina di risorse.
Tipicamente un attacco DoS è un meccanismo a forza-bruta che tenta
di bloccare e comunque rendere inusabile una macchina travolgendo di
richieste i server che rende disponibili o direttamente lo stack di rete.
Alcuni attacchi DoS tentano di trarre vantaggio da bug nello stack di rete
per bloccare la macchina con un singolo pacchetto. Questo genere di
attacchi può evitato solo mettendo a posto il bug direttamente nel
kernel. Gli attacchi sui server possono spesso essere evitati
specificando con attenzione dei limiti sul carico che i server stessi
devono accettare in caso che il sistema lavori in condizioni avverse.
Gli attacchi a forza-bruta generati da un'intera rete di attaccanti sono
più difficili da gestire. Ad esempio un attacco con pacchetti
in spoof (ovvero con il campo mittente falsato) è praticamente
impossibile da fermare, a meno di staccare del tutto il sistema da
Internet. Potrà anche non fermare la tua macchina, ma sicuramente
può saturare la tua connessione Internet.</para>
<indexterm>
<primary>sicurezza</primary>
<secondary>compromissione degli account</secondary>
</indexterm>
<para>La compromissione di un account utente è ancora più
comune di un attacco DoS. Molti sysadmin usano ancora i server standard
<application>telnetd</application>, <application>rlogind</application>,
<application>rshd</application> e <application>ftpd</application> sulle
loro macchine. Questi programmi, normalmente, non usano connessioni
crittate. Il risultato è che quando hai una base utenti di medie
dimensioni, uno o più degli utenti connessi al tuo sistema da
remoto (il modo più comune e conveniente per collegarsi a un
sisetma) avrà una password compromessa da un'operaizone di
sniffing. Gli amministratori di sistema attenti controllano i registri
degli accessi remoto cercando indirizzi sospetti anche tra gli accessi
permessi.</para>
<para>Bisogna sempre dare per scontato che una volta che un attaccante ha
accesso ad un account utente, può rompere anche
<systemitem class="username">root</systemitem>.
In realtà, comunque, in un sistema ben configurato e mantenuto,
questo non è necessariamente vero. La distinzione è
importante perché senza accesso a <systemitem class="username">root</systemitem>
l'attaccante in genere non può nascondere le proprie tracce e
può, alla peggio, rovinare i file dell'utente o mandare la
macchina in crash. La compromissione degli account utente è molto
comune dato che gli utenti tendono a non prendere precauzioni tanto
quanto gli amministratori di sistema.</para>
<indexterm>
<primary>sicurezza</primary>
<secondary>backdoor</secondary>
</indexterm>
<para>Gli amministratori di sistema devono ricordare che su una macchina ci
sono potenzialmente molti modi per rompere <systemitem class="username">root</systemitem>.
L'attaccante potrebbe conoscere la password di <systemitem class="username">root</systemitem>,
potrebbe trovare un bug in un programma server in esecuzione con diritti
di <systemitem class="username">root</systemitem> e sfruttarlo per entrare da remoto, oppure
una volta ottenuto un account utente potrebbe fare lo stesso con un bug in
un programma con suid <systemitem class="username">root</systemitem>. Se un attaccante rompe
<systemitem class="username">root</systemitem> su una macchina, potrebbe non aver bisogno di
installare una backdoor. Molti dei buchi per l'accesso come
<systemitem class="username">root</systemitem> trovati (e chiusi) fino ad oggi richiedono un
considerevole lavoro da parte dell'attaccante per pulire le tracce
lasciate, quindi molti attaccanti installano delle backdoor. Una backdoor
dà all'attaccante un modo semplice per riottenere accesso
<systemitem class="username">root</systemitem> al sistema, ma danno anche un modo semplice per
individuare l'intrusione, all'amministratore di sistema furbo. Rendere
impossibile installare backdoor all'attaccante potrebbe in realtà
diminuire la sicurezza del sistema, dato che comunque non chiuderà
il buco che l'attaccante ha trovato la prima volta.</para>
<para>Le soluzioni di sicurezza devono sempre essere implementate con un
approccio multi-strato a <quote>cipolla</quote> e possono essere
categorizzate come segue:</para>
<orderedlist>
<listitem>
<para>Rendere sicuro <systemitem class="username">root</systemitem> e gli account dello
staff.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Rendere sicuri i server e i binari suid/sgid in esecuzione come
<systemitem class="username">root</systemitem>.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Rendere sicuri gli account utente.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Rendere sicuro il file delle password.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Rendere sicuro il nucleo del kernel, i device raw e il file
system.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Individuazione rapida delle modifiche non appropriate fatte al
sistema.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Paranoia.</para>
</listitem>
</orderedlist>
<para>La prossima sezione di questo capitolo coprirà questi punti in
maggior dettaglio.</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="securing-freebsd">
<title>Rendere sicuro &os;</title>
<indexterm>
<primary>sicurezza</primary>
<secondary>rendere sicuro &os;</secondary>
</indexterm>
<note>
<title>Comandi o Protocolli</title>
<para>In questo documento useremo testo
<application>grassetto</application> per riferirci ad applicazioni e
testo <command>a spaziatura fissa</command> per riferirci a specifici
comandi. I protocolli useranno un font normale. Questa distinzione
tipografica è utile per casi come ssh, che è un protocollo
oltre che un comando.</para>
</note>
<para>Le sezioni seguenti descrivono i metodi per rendere sicuro il vostro
sistema &os; che sono stati menzionati nella <link linkend="security-intro">sezione precedente</link> di questo
capitolo.</para>
<sect2 xml:id="securing-root-and-staff">
<title>Rendere sicuro <systemitem class="username">root</systemitem> e gli account dello
staff.</title>
<indexterm>
<primary><command>su</command></primary>
</indexterm>
<para>Innanzitutto, non preoccuparti di rendere sicuri gli account di
staff se non hai reso sicuro l'account <systemitem class="username">root</systemitem>. La
maggior parte dei sistemi hanno una password assegnata per l'account
<systemitem class="username">root</systemitem>. La prima cosa che devi dare per assunta
è che la password è <emphasis>sempre</emphasis>
compromessa. Questo non significa che devi togliere la password; la
password è quasi sempre necessaria per l'accesso dalla console
della macchina. Quello che questo significa è che non dovresti
render possibile l'uso di questa password tranne che da console e
possibilmente neanche dal comando &man.su.1;. Per esempio, assicurati
che le tue pty siano specificate come <literal>insecure</literal> nel
file <filename>/etc/ttys</filename> in modo che accessi diretti
<systemitem class="username">root</systemitem> tramite <command>telnet</command> o
<command>rlogin</command> non siano permessi. Se usi altri servizi di
login come ad esempio <application>sshd</application>, fai in modo che
accessi diretti come <systemitem class="username">root</systemitem> siano vietati anche per
questi. Puoi farlo modificando il file
<filename>/etc/ssh/sshd_config</filename> e assicurandoti che
<literal>PermitRootLogin</literal> sia impostato a
<literal>NO</literal>. Tieni conto di tutti i modi di accesso &mdash;
servizi come ad esempio FTP vengono spesso trascurati. Login
<systemitem class="username">root</systemitem> diretti dovrebbero essere permessi solo
tramite la console di sistema.</para>
<indexterm>
<primary><systemitem class="groupname">wheel</systemitem></primary>
</indexterm>
<para>Ovviamente, come sysadmin (amministratore di sistema) hai bisogno
di accesso a <systemitem class="username">root</systemitem>, quindi apriremo alcuni passaggi;
ci assicureremo però che questi passaggi richiedano ulteriori
verifiche di password per funzionare. Un modo per accedere a
<systemitem class="username">root</systemitem> è aggiungere gli appropriati account di
staff al gruppo <systemitem class="groupname">wheel</systemitem> (in
<filename>/etc/group</filename>). I membri del gruppo
<systemitem class="groupname">wheel</systemitem> possono accedere a
<systemitem class="username">root</systemitem> tramite <command>su</command>.
Non dovresti mai dare ai membri dello staff accesso nativo al gruppo
<systemitem class="groupname">wheel</systemitem> mettendoli in quel gruppo nel file
<filename>/etc/passwd</filename>; dovresti metterli nel gruppo
<systemitem class="groupname">staff</systemitem> e quindi aggiungerli al gruppo
<systemitem class="groupname">wheel</systemitem> tramite il file
<filename>/etc/group</filename>. Solo i membri dello staff che hanno
effettivo bisogno di accesso a <systemitem class="username">root</systemitem> dovrebbero
essere nel gruppo <systemitem class="groupname">wheel</systemitem> group. Altra
possibilità, quando si utilizzi Kerberos come metodo di
autenticazione, &grave; quella di utilizzare il file
<filename>.k5login</filename> dell'account <systemitem class="username">root</systemitem> in
modo da permettere l'accesso a <systemitem class="username">root</systemitem> tramite
&man.ksu.1; senza bisogno di mettere nessuno nel gruppo
<systemitem class="groupname">wheel</systemitem>. Questa potrebbe essere la soluzione
migliore dato che il meccanismo <systemitem class="groupname">wheel</systemitem> permette
all'attaccante di diventare <systemitem class="username">root</systemitem> se è
riuscito ad ottenere accesso ad un account di staff. Benché il
meccanismo <systemitem class="groupname">wheel</systemitem> sia meglio di niente, non
è necessariamente la soluzione più sicura.</para>
<para>Un metodo indiretto per rendere sicuri gli account di staff e quindi
l'accesso a <systemitem class="username">root</systemitem> è quello di eseguire
l'operazione nota come <quote>starring</quote> delle password cifrate.
password for the staff accounts: utilizzando il comando &man.vipw.8; si
può rimpiazzare ogni password cifrata con un singolo carattere
<quote><literal>*</literal></quote> (asterisco, in inglese
<quote>star</quote>). Questo comando aggiorna il file
<filename>/etc/master.passwd</filename> e il database utenti/password
in modo da disabilitare i login autenticati da password.</para>
<para>Un account di staff come il seguente:</para>
<!--TODO:aggiustare la password per essere moderna ($1$...)-->
<programlisting>foobar:R9DT/Fa1/LV9U:1000:1000::0:0:Foo Bar:/home/foobar:/usr/local/bin/tcsh</programlisting>
<para>Andrebbe modificato così:</para>
<programlisting>foobar:*:1000:1000::0:0:Foo Bar:/home/foobar:/usr/local/bin/tcsh</programlisting>
<para>Questo previene i normali login dato che la password cifrata non
sarà mai <quote><literal>*</literal></quote>. Fatto questo i
membri dello staff dovranno utilizzare un diverso meccanismo di
autenticazione come ad esempio &man.kerberos.1; o &man.ssh.1;
utilizzando una coppia di chiavi pubblica/privata. Utilizzando Kerberos
bisogna generalmente rendere sicure sia le macchine su cui viene
eseguito il server Kerberos che la propria workstation. Utilizzando una
coppia di chiavi bisogna in generale rendere sicura la macchina
<emphasis>da cui</emphasis> ci si sta collegando (in genere la propria
workstation); si può aggiungere un ulteriore strato di protezione
proteggendo la coppia di chiavi con una password all'atto della
creazione con &man.ssh-keygen.1;. Eseguire lo <quote>starring</quote>
degli account dello staff garantisce che questi possano eseguire il
login solo tramite i metodi di accesso sicuri che sono stati
configutati. Quest forze l'intero staff all'uso di connessioni sicure e
cifrate in tutte le loro sessioni, chiudendo un importante falla di
sicurezza utilizzata da molti attaccanti: ascoltare il traffico di rete
da un'altra macchina meno sicura.</para>
<!--TODO: questo paragrafo è poco leggibile, anche in inglese -->
<para>I meccanismi di sicurezza più indiretti assumono anche che ci
si colleghi da un server più restrittivo a uno che lo è di
meno; per esempio se il tuo server primario ha in esecuzione una grande
varietà di servizi, la tua workstation non dovrebbe averne in
esecuzione nessuno. Per fare in modo che la tua workstation sia
ragionevolmente sicura dovresti eseguire meno servizi possibile, o
perfino nessuno del tutto, e dovresti utilizzare uno screen saver
protetto da password. Ovviamente, avendo accesso fisico alla
workstation un attaccante può rompere qualsiasi protezione che tu
possa aver importato, ma bisogna sempre considerare che la magior parte
degli attacchi avviene remotamente, tramite una rete, da parte di
persone che non hanno accesso fisico alle tue workstation o ai tuoi
server.</para>
<indexterm><primary>KerberosIV</primary></indexterm>
<para>L'uso di sistemi come Kerberos permette di disabilitare o cambiare
la pasword ad un account di staff in un solo posto ed avere effeto
immediato su tutte le macchine in cui il membro dello staff ha un
account. Nel caso l'account di un membro dello staff venga compromesso,
la possibilità di poter cambiare la sua password su tutte le
macchine non &grave; cosa di poco conto. Con password separate,
cambiare una password su molte macchine può essere un bel
problema. Con Kerberos puoi anche imporre restrizioni di cambio
password: non solo un ticket Kerberos può essere fatto per
scadere dopo un tempo predeterminato, ma il sistema Kerberos può
richiedere all'utente di scegliere una nuova passsword dopo un certo
periodo di tempo (per esempio, una volta al mese).</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Rendere sicuri i server Root e i binari SUID/SGID</title>
<indexterm>
<primary><command>ntalk</command></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><command>comsat</command></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><command>finger</command></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary>sandboxes</primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><application>sshd</application></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><application>telnetd</application></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><application>rshd</application></primary>
</indexterm>
<indexterm>
<primary><application>rlogind</application></primary>
</indexterm>
<para>Il sysadmin prudente esegue soltanto i server che gli sono
necessari, n&acute; di più né di meno. Bisogna tenere
conto del fatto che i server di terze parti sono generalmente i
più affetti da bug. Per esempio, utilizzare una versione
obsoleta di <application>imapd</application> o
<application>popper</application> è equivalente a dare accesso
<systemitem class="username">root</systemitem> al mondo intero. Non eseguire mai un server
senza controllarlo accuratamente. Molti server non hanno bisogno di
essere eseguiti come <systemitem class="username">root</systemitem>. Per esempio i demoni
<application>ntalk</application>, <application>comsat</application> e
<application>finger</application> possono essere eseguiti in speciali
<firstterm>sandbox</firstterm> utente. Difficilmente una sandbox
sarà una soluzione completa del problema, a meno di dedicarci
parecchio tempo, ma resta valido l'approccio a cipolla alla sicurezza:
se qualcuno riesce ad irrompere in un server eseguito in una sandbox,
deve ancora riuscire ad evadere da quest'ultima. Più strati
l'attaccante deve superare, minore la sua probabilità di
successo. Storicamente sono state trovate falle di accesso a root in
virtualmente ogni server mai eseguito come <systemitem class="username">root</systemitem>,
inclusi i server del sistema base. Se hai una macchina alla quale la
gente accede solamente tramite <application>sshd</application> e mai
tramite <application>telnetd</application> o
<application>rshd</application> o <application>rlogind</application>,
allora disattiva questi servizi!</para>
<para>&os; attualmente esegue per default
<application>ntalkd</application>, <application>comsat</application> e
<application>finger</application> in una sandbox. Un altro programma
candidato ad essere eseguito in una sandbox è &man.named.8;.
<filename>/etc/defaults/rc.conf</filename> comprende le opzioni
necessarie per eseguire <application>named</application> in una sandbox
in forma comentata. A seconda se state installando un nuovo sistema o
aggiornando un sistema esistente, gli speciali account utente utilizzati
da queste sandbox potrebbero non essere presenti. Il sysadmin prudente
dovrebbe cercar di utilizzare delle sandbox per i server ogniqualvolta
possibile.</para>
<indexterm>
<primary><application>sendmail</application></primary>
</indexterm>
<para>Esiste un certo numero di altri servizi che generalmente non vengono
eseguiti in una sandbox: <application>sendmail</application>,
<application>popper</application>, <application>imapd</application>,
<application>ftpd</application> e altri. Ci sono software alternativi
ad alcuni di questi ma installarli potrebbe richiedere più lavoro
di quello che si intende dedicargli (il fattore convenienza colpisce
ancora). Potresti dover eseguire questi servizi come
<systemitem class="username">root</systemitem> ed affidarti ad altri meccanismi per
individuare le intrusioni che potrebbero essere fatte attraverso
questi.</para>
<para>L'altra grande potenziale fonte di falle per l'accesso a
<systemitem class="username">root</systemitem> sono i binari suid-root e sgid installati nel
sistema, come ad esempio <application>rlogin</application>, nelle
directory <filename>/bin</filename>, <filename>/sbin</filename>,
<filename>/usr/bin</filename> o <filename>/usr/sbin</filename>.
Benché niente sia sicuro al 100%, i binari suid e sgid presenti
nel sistema per default possono essere considerati ragionevolmente
sicuri. In ogni caso, delle falle da <systemitem class="username">root</systemitem> sono
occasionalmente trovate anche in questi. Nel 1998 è stata
trovata una falla da <systemitem class="username">root</systemitem> in
<literal>Xlib</literal> che rendeva vulnerabile
<application>xterm</application> (che tipicamente è suid).
<!--TODO-->
It is better to be safe than sorry and the prudent
sysadmin will restrict suid binaries, that only staff should run,
to a special group that only staff can access, and get rid of
(<command>chmod 000</command>) any suid binaries that nobody uses.
A server with no display generally does not need an
<application>xterm</application> binary. Sgid binaries can be
almost as dangerous. If an intruder can break an sgid-kmem binary,
the intruder might be able to read <filename>/dev/kmem</filename>
and thus read the encrypted password file, potentially compromising
any passworded account. Alternatively an intruder who breaks
group <literal>kmem</literal> can monitor keystrokes sent through
ptys, including ptys used by users who login through secure
methods. An intruder that breaks the <systemitem class="groupname">tty</systemitem>
group can write to
almost any user's tty. If a user is running a terminal program or
emulator with a keyboard-simulation feature, the intruder can
potentially generate a data stream that causes the user's terminal
to echo a command, which is then run as that user.</para>
</sect2>
<sect2 xml:id="secure-users">
<title>Rendere sicuri gli account utente</title>
<para>Gli account utente sono generalmente i più difficili da
rendere sicuri. Bench*eacute; tu possa imporre restrizioni d'accesso
<!--TODO: draconian --> allo staff ed eseguire lo
<quote>starring</quote> delle loro password, potresti non poter farlo
con l'account di un generico utente. Se hai sufficiente controllo
<!--TODO:potere?--> potesti farcela e rendere gli account utente
sufficientemente sicuri, altrimenti dovrai essere più vigile nel
controllo di questi account. L'uso di ssh e Kerberos per gli account
utente è più problematico, a causa del maggiore supporto
amministrativo e tecnico richiesto, ma è sempre un'ottima
soluzione se confrontata all'uso di un file password cifrato.</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Rendere sicuro il file password</title>
<para>L'unica strada sicura è quella di eseguire lo starring so
più password possibile e utilizzare ssh o Kerberos per accedere a
quegli account. Anche se il file di password cifrato
(<filename>/etc/spwd.db</filename>) può essere letto solo da
<systemitem class="username">root</systemitem>, potrebbe essere possibile per un attaccante
ottenere accesso in lettura a quel file anche senza aver ottenuto
accesso in scrittura.</para>
<para>I tuoi script di sicurezza dovrebbero sempre verificare che il file
password non venga modificato e in caso riportarlo ad un amministratore
(cfr. la sezione <link linkend="security-integrity">Verifica dell'integrità dei
file</link> sottostante).</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Rendere sicuri il kernel, i raw device e i file system</title>
<para>Quando un attaccante irrompe nell'account di
<systemitem class="username">root</systemitem> può fare qualsiasi cosa, ma alcune cose
sono più comode di altre. <!--there are certain conveniences-->
Per esempio, la maggior parte dei kernel moderni comprende un device
per l'ascolto dei pacchetti di rete. In &os; questo device si chiama
<filename>bpf</filename>. Un intrusore generalmente cercherà
di ascoltare i pacchetti delle reti a cui la macchina compromessa
è collegata. Non ò obbligatorio dare all'intrusore questa
possibilità e d'altro canto la maggior parte dei sistemi non ha
bisogno di avere il device <filename>bpf</filename>.</para>
<indexterm>
<primary><command>sysctl</command></primary>
</indexterm>
<para>Anche nel caso di aver disattivato il device
<filename>bpf</filename>, bisogna comunque preoccuparsi di
<filename>/dev/mem</filename> e <filename>/dev/kmem</filename>; tra
l'altro l'intrusore ha anche la possibilità di scrivere sui
device disco raw o utilizzare il comando di caricamento moduli del
kernel, &man.kldload.8;. Un intrusore intraprendente può
utilizzare un proprio modulo del kernel per l'ascolto dei pacchetti e
caricarlo su un kernel in esecuzione. Per evitare questi problemi
bisogna eseguire il kernel ad un livello di sicurezza più alto,
almeno al livello 1. Il livello di sicurezza può essere
impostato con <command>sysctl</command> modificando la variabile
<varname>kern.securelevel</varname>. Se il livello di sicurezza
è impostato ad 1, l'accesso in scrittura ai device raw
sarà negato e alcuni <command>chflags</command> speciali,
come ad esempio <literal>schg</literal>, verranno verificati.
Devi anche verificare che il flag <literal>schg</literal> sia impostato
sui binari, cartelle e script utilizzati all'avvio prima
dell'impostazione del livello di sicurezza. L'uso di un livello di
sicurezza superiore potrebbe essere una misura eccesiva, dato che rende
l aggiornamento del sistema molto più complesso.
You may compromise and run the
system at a higher secure level but not set the
<literal>schg</literal> flag for every system file and directory
under the sun. Another possibility is to simply mount
<filename>/</filename> and <filename>/usr</filename> read-only.
It should be noted that being too draconian in what you attempt to
protect may prevent the all-important detection of an
intrusion.</para>
</sect2>
<sect2 xml:id="security-integrity">
<title>Verifica dell'integrità dei file: binari, file di
configurazione, etc.</title>
<para>TODO:When it comes right down to it, you can only protect your core
system configuration and control files so much before the
convenience factor rears its ugly head. For example, using
<command>chflags</command> to set the <literal>schg</literal> bit
on most of the files in <filename>/</filename> and
<filename>/usr</filename> is probably counterproductive, because
while it may protect the files, it also closes a detection window.
The last layer of your security onion is perhaps the most
important &mdash; detection. The rest of your security is pretty
much useless (or, worse, presents you with a false sense of
security) if you cannot detect potential intrusions. Half the job
of the onion is to slow down the attacker, rather than stop him, in
order to be able to catch him in the act.</para>
<para>The best way to detect an intrusion is to look for modified,
missing, or unexpected files. The best way to look for modified
files is from another (often centralized) limited-access system.
Writing your security scripts on the extra-secure limited-access
system makes them mostly invisible to potential attackers, and this
is important. In order to take maximum advantage you generally
have to give the limited-access box significant access to the
other machines in the business, usually either by doing a
read-only NFS export of the other machines to the limited-access
box, or by setting up ssh key-pairs to
allow the limited-access box to ssh to
the other machines. Except for its network traffic, NFS is the
least visible method &mdash; allowing you to monitor the
file systems on each client box virtually undetected. If your
limited-access server is connected to the client boxes through a
switch, the NFS method is often the better choice. If your
limited-access server is connected to the client boxes through a
hub, or through several layers of routing, the NFS method may be
too insecure (network-wise) and using
ssh may be the better choice even with
the audit-trail tracks that ssh
lays.</para>
<para>Once you have given a limited-access box at least read access to the
client systems it is supposed to monitor, you must write scripts
to do the actual monitoring. Given an NFS mount, you can write
scripts out of simple system utilities such as &man.find.1; and
&man.md5.1;. It is best to physically md5 the client-box files
at least once a day, and to test control files such as those
found in <filename>/etc</filename> and
<filename>/usr/local/etc</filename> even more often. When
mismatches are found, relative to the base md5 information the
limited-access machine knows is valid, it should scream at a
sysadmin to go check it out. A good security script will also
check for inappropriate suid binaries and for new or deleted files
on system partitions such as <filename>/</filename> and
<filename>/usr</filename>.</para>
<para>When using ssh rather than NFS,
writing the security script is much more difficult. You
essentially have to <command>scp</command> the scripts to the client
box in order to
run them, making them visible, and for safety you also need to
<command>scp</command> the binaries (such as find) that those
scripts use. The <application>ssh</application> client on the
client box may already be compromised. All in all, using
ssh may be necessary when running over
insecure links, but it is also a lot harder to deal with.</para>
<para>A good security script will also check for changes to user and
staff members access configuration files:
<filename>.rhosts</filename>, <filename>.shosts</filename>,
<filename>.ssh/authorized_keys</filename> and so forth,
files that might fall outside the purview of the
<literal>MD5</literal> check.</para>
<para>If you have a huge amount of user disk space, it may take too
long to run through every file on those partitions. In this case,
setting mount flags to disallow suid binaries and devices on those
partitions is a good idea. The <literal>nodev</literal> and
<literal>nosuid</literal> options (see &man.mount.8;) are what you
want to look into. You should probably scan them anyway, at least
once a week, since the object of this layer is to detect a break-in
attempt, whether or not the attempt succeeds.</para>
<para>Process accounting (see &man.accton.8;) is a relatively
low-overhead feature of the operating system which might help
as a post-break-in evaluation mechanism. It is especially
useful in tracking down how an intruder has actually broken into
a system, assuming the file is still intact after the break-in has
occured.</para>
<para>Finally, security scripts should process the log files, and the
logs themselves should be generated in as secure a manner as
possible &mdash; remote syslog can be very useful. An intruder
will try to cover his tracks, and log files are critical to the
sysadmin trying to track down the time and method of the initial
break-in. One way to keep a permanent record of the log files is
to run the system console to a serial port and collect the
information to a secure machine monitoring the consoles.</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Paranoia</title>
<para>Un po' di paranoia non fa mai male. Come regola, un sysadmin
può aggiungere qualsiasi feature di sicurezza fintantoché
non impattano la comodità e può aggiungerne altre
<emphasis>che la</emphasis> impattano, ma solo dopo averci pensato bene.
<!--TODO: questa parte di paragrafo è decisamente opinabile-->
Even more importantly, a security administrator should mix it up a
bit &mdash; if you use recommendations such as those given by this
document verbatim, you give away your methodologies to the
prospective attacker who also has access to this document.</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Attacchi Denial of Service</title>
<indexterm><primary>Denial of Service (DoS)</primary></indexterm>
<para>Questa sezione parla degli attacchi Denial of Service, ovvero quelli
atti ad interrompere i servizi in esecuzione su una macchina.
Tipicamente un attacco DoS è un attacco a pacchetto;
benché non si possa fare molto riguardo ad un attacco moderno
che satura la vostra rete con pacchetti <!--TODO: spoofed-->, si
può cercare di limitare il danno assicurandosi che l'attacco non
blocchi i vostri servizi, utilizzando le seguenti tecniche:</para>
<orderedlist>
<listitem>
<para>Limitare le fork dei server.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>TODO:Limiting springboard attacks (ICMP response attacks, ping
broadcast, etc.).</para>
</listitem>
<listitem>
<para>Sovraccaricare la Kernel Route Cache. <!--TODO: anche in inglese
questo punto non ha molto senso assieme agli altri: non è qualcosa
che si fa per evitare il danno--></para>
</listitem>
</orderedlist>
<para>Un comune scenario è l'attacco di un server che fa fork e
fargli creare così tanti processi figli da esaurire le risorse
della macchina, come ad esempio la memoria, i file descriptor o altri e
costringerlo quindi a fermarsi. <application>inetd</application>
(cfr. &man.inetd.8;) ha molte opzioni per limitare questo tipo di
attacchi. Si deve notare che benché sia possibile evitare che la
macchina si fermi, non è generalmente possibile evitare che i
servizi vengano resi non disponibili dall'attacco. Leggete attentamente
la pagina del manuale di <application>inetd</application>, con
particolare attenzione alle opzioni <option>-c</option>,
<option>-C</option> e <option>-R</option>. Un attacco con IP
<!--TODO: spoofed--> aggira l'opzione <option>-C</option> quindi
è bene utilizzare una combinazione di opzioni. Alcuni server
indipendenti hanno meccanismi interni per la limitazione delle
fork.</para>
<para><application>Sendmail</application> ha l'opzione
<option>-OMaxDaemonChildren</option> che generalmente funziona molto
meglio che cercare di utilizzare le funzioni di limitazione basate sul
carico della macchina, a causa del ritardo di aggiornamento del valore
di carico. Quando lanci <application>sendmail</application> dovresti
specificare un parametro <literal>MaxDaemonChildren</literal> abbastanza
alto da gestire il carico previsto , ma non così alto da non
essere gestibile dal computer. È anche prudente eseguire
<application>Sendmail</application> in modalità queued
(<option>-ODeliveryMode=queued</option>) ed eseguire il demone
(<command>sendmail -bd</command>) separatamente dalla gestione code
(<command>sendmail -q15m</command>). Se vuoi che i messaggi vengano
consegnati in tempo reale puoi utilizzare un intervallo molto più
breve, come ad esempio <option>-q1m</option>, ma assicurati di
utilizzare un valore <literal>MaxDaemonChildren</literal> adatto per
<emphasis>quel</emphasis> <application>Sendmail</application>, in modo
da prevenire problemi a catena<!--TODO: cascade failures-->.</para>
<para><application>Syslogd</application> può essere attaccato
direttamente ed è fortemente consigliato l'uso dell'opzione
<option>-s</option> quando possibile, o al limite l'opzione
<option>-a</option>.</para>
<para>You should also be fairly careful with connect-back services
such as <application>TCP Wrapper</application>'s reverse-identd,
which can be attacked directly. You generally do not want to use
the reverse-ident feature of
<application>TCP Wrapper</application> for this reason.</para>
<para>È un'ottima idea quella di proteggere i servizi interni
dall'accesso esterno chiudendoli tramite regole del firewall ai bordi
della vostra rete. L'idea è di prevenire gli attacchi a
saturazione provenienti dall'esterno della vostra rete, non tanto di
proteggere i servizi da attacchi di rete atti a compromettere
<systemitem class="username">root</systemitem>. Utilizza sempre un firewall <!--TODO:
exclusive-->, ovvero <quote>blocca tutto <emphasis>tranne</emphasis> le
porte A, B, C, D e M-Z</quote>; puoi bloccare tutte le porte basse ad
eccezione di specifici servizi quali <application>named</application>
(se sei primario per una zona), <application>ntalkd</application>,
<application>sendmail</application> e altri servizi accessibili da
Internet. Se tu cercassi di configurare il firewall in maniera opposta
(inclusivo o permissivo) c'è una buona probabilità che tu
ti scordi di <quote>chiudere</quote> qualche servizio o che tu aggiunga
un nuovo servizio interno e dimentichi di aggiornare il firewall.
Puoi comunque lasciare aperte tutte le porte <!--TODO: high-numbered-->,
permettendo un uso permissivo, senza però compromettere le porte
<!--TODO: low-->. Nota anche che &os; ti permette di controllare
l'intervallo di porte utilizzate per il binding dinamico tramite vari
<command>sysctl</command> <varname>net.inet.ip.portrange</varname>
(<command>sysctl -a | fgrep portrange</command>), che possono
semplificare la complessità di configurazione del tuo firewall.
<!--TODO: For example, you might use a normal
first/last range of 4000 to 5000, and a hiport range of 49152 to
65535, then block off everything under 4000 in your firewall
(except for certain specific Internet-accessible ports, of
course).--></para>
<para>Another common DoS attack is called a springboard attack
&mdash; to attack a server in a manner that causes the server to
generate responses which overloads the server, the local
network, or some other machine. The most common attack of this
nature is the <emphasis>ICMP ping broadcast attack</emphasis>.
The attacker spoofs ping packets sent to your LAN's broadcast
address with the source IP address set to the actual machine they
wish to attack. If your border routers are not configured to
stomp on ping packets to broadcast addresses, your LAN winds up
generating sufficient responses to the spoofed source address to
saturate the victim, especially when the attacker uses the same
trick on several dozen broadcast addresses over several dozen
different networks at once. Broadcast attacks of over a hundred
and twenty megabits have been measured. A second common
springboard attack is against the ICMP error reporting system.
By constructing packets that generate ICMP error responses, an
attacker can saturate a server's incoming network and cause the
server to saturate its outgoing network with ICMP responses. This
type of attack can also crash the server by running it out of
memory, especially if the server cannot drain the ICMP responses
it generates fast enough.
Use the <application>sysctl</application>
variable <literal>net.inet.icmp.icmplim</literal> to limit these attacks.
The last major class of springboard
attacks is related to certain internal
<application>inetd</application> services such as the
udp echo service. An attacker simply spoofs a UDP packet with the
source address being server A's echo port, and the destination
address being server B's echo port, where server A and B are both
on your LAN. The two servers then bounce this one packet back and
forth between each other. The attacker can overload both servers
and their LANs simply by injecting a few packets in this manner.
Similar problems exist with the internal
<application>chargen</application> port. A
competent sysadmin will turn off all of these inetd-internal test
services.</para>
<para>Spoofed packet attacks may also be used to overload the kernel
route cache. Refer to the <varname>net.inet.ip.rtexpire</varname>,
<varname>rtminexpire</varname>, and <varname>rtmaxcache</varname>
<command>sysctl</command> parameters. A spoofed packet attack
that uses a random source IP will cause the kernel to generate a
temporary cached route in the route table, viewable with
<command>netstat -rna | fgrep W3</command>. These routes
typically timeout in 1600 seconds or so. If the kernel detects
that the cached route table has gotten too big it will dynamically
reduce the <varname>rtexpire</varname> but will never decrease it
to less than <varname>rtminexpire</varname>. There are two
problems:</para>
<orderedlist>
<listitem>
<para>The kernel does not react quickly enough when a lightly
loaded server is suddenly attacked.</para>
</listitem>
<listitem>
<para>The <varname>rtminexpire</varname> is not low enough for
the kernel to survive a sustained attack.</para>
</listitem>
</orderedlist>
<para>If your servers are connected to the Internet via a T3 or
better, it may be prudent to manually override both
<varname>rtexpire</varname> and <varname>rtminexpire</varname>
via &man.sysctl.8;. Never set either parameter to zero (unless
you want to crash the machine). Setting both
parameters to 2 seconds should be sufficient to protect the route
table from attack.</para>
</sect2>
<sect2>
<title>Access Issues with Kerberos and SSH</title>
<indexterm><primary><command>ssh</command></primary></indexterm>
<indexterm><primary>KerberosIV</primary></indexterm>
<para>There are a few issues with both Kerberos and
ssh that need to be addressed if
you intend to use them. Kerberos 5 is an excellent
authentication protocol, but there are bugs in the kerberized
<application>telnet</application> and
<application>rlogin</application> applications that make them
unsuitable for dealing with binary streams. Also, by default
Kerberos does not encrypt a session unless you use the
<option>-x</option> option. <application>ssh</application>
encrypts everything by default.</para>
<para>Ssh works quite well in every respect except that it forwards
encryption keys by default. <!--TODO: ma non è vero!??--> What
this means is that if you have a secure workstation holding keys
that give you access to the rest of the system, and you
ssh to an insecure machine, your keys
are usable. The actual keys themselves are not exposed, but
ssh installs a forwarding port for the
duration of your login, and if an attacker has broken
<systemitem class="username">root</systemitem> on the
insecure machine he can utilize that port to use your keys to gain
access to any other machine that your keys unlock.</para>
<para>We recommend that you use ssh in
combination with Kerberos whenever possible for staff logins.
<application>Ssh</application> can be compiled with Kerberos
support. This reduces your reliance on potentially exposed
ssh keys while at the same time
protecting passwords via Kerberos. Ssh
keys should only be used for automated tasks from secure machines
(something that Kerberos is unsuited to do). We also recommend that
you either turn off key-forwarding in the
ssh configuration, or that you make use
of the <literal>from=IP/DOMAIN</literal> option that
ssh allows in its
<filename>authorized_keys</filename> file to make the key only
usable to entities logging in from specific machines.</para>
</sect2>
</sect1>
<sect1 xml:id="crypt">
<info><title>DES, MD5 e Crypt</title>
<authorgroup>
<author><personname><firstname>Bill</firstname><surname>Swingle</surname></personname><contrib>Parti riscritte e aggiornate da </contrib></author>
</authorgroup>
</info>
<indexterm>
<primary>sicurezza</primary>
<secondary>crypt</secondary>
</indexterm>
<indexterm><primary>crypt</primary></indexterm>
<indexterm><primary>DES</primary></indexterm>
<indexterm><primary>MD5</primary></indexterm>
<para>Ogni utente su un sistema &unix; ha una password associata con il
proprio account. È pvviamente necessario che queste password siano
note solamente all'utente e al sistema operativo vero e proprio. Per
poter mantenere segrete queste password, sono cifrate con quello che si
chiama un <quote><!--TODO-->one-way hash</quote>, ovvero possono essere
facilmente cifrate ma non decifrate. In altre parole, quel che poco fa
abbiamo dato per ovvio non è neanche vero: il sistema operativo in
sé non conosce <emphasis>realmente</emphasis> la password, conosce
soltanto la forma <emphasis>cifrata</emphasis> della password. L'unico
modo per ricavare la password <emphasis>in chiaro</emphasis> è una
brutale ricerca nell'intero spazio delle password possibili.</para>
<para>Sfortunatamente l'unico modo sicuro di cifrare le password quando
&unix; è nato era di utilizzare DES (Data Encryption Standard).
Questo non era un grosso problema per gli utenti residenti in USA, ma dato
che il codice sorgente riguardante DES non poteva essere esportato al di
fuori degli USA, &os; ha dovuto cercare un modo per poter
contemporaneamente essere in regola con la legge USA e mantenere la
compatibilità con tutte le altre varianti &unix; che ancora
utilizzavano DES.</para>
<para>La soluzione è stata quella di suddividere le librerie di
cifratura in modo tale che gli utenti USA potessero installare le librerie
DES ed utilizzarlo ma gli utenti internazionali avessero comunque a
disposizioni metodi crittografici che potessero essere esportati
all'estero. Questo è il modo in cui &os; adottò MD5 come
metodo di cifratura di default. MD5 è considerato più
sicuro di DES, quindi installare DES è una possibilità
pensata principalmente per motivi di compatibilià.</para>
<sect2>
<title>Riconoscere il funzionamento del tuo crypt</title>
<para>Attualmente la libreria supporta gli algoritmi DES, MD5 e Blowfish.
Per default &os; utilizza MD5 per cifrare le password.</para>
<para>È piuttosto semplice identificare il tipo di cifratura
utilizzato; ad esempio uno dei metodi è di leggere il file
<filename>/etc/master.passwd</filename>. Le password cifrate con l'hash
MD5 sono più lunghe e iniziano con i caratteri
<literal>&dollar;1&dollar;</literal>. Le password che iniziano con
<literal>&dollar;2a&dollar;</literal> sono cifrate con Blowfish.
Le password DES non hanno alcun carattere identificativo particolare, ma
sono più corte e sono codificate in un alfabeto di 64 caratteri
che non include il <literal>&dollar;</literal>, quindi una stringa
relativamente corta che non inizia con un simbolo di dollaro è
molto probabilmente una password DES.</para>
<para>Il formato utilizzato per le nuove password è deciso dal
valore del campo <literal>passwd_format</literal> nel file
<filename>/etc/login.conf</filename>, che può avere i valori di
<literal>des</literal>, <literal>md5</literal> oo
<literal>blf</literal>. Fai riferimento alla pagina del manuale
&man.login.conf.5; per avere ulteriori informazioni sulle configurazioni
di login.</para>
</sect2>
</sect1>
<sect1 xml:id="one-time-passwords">
<title>Password One-time</title>
<indexterm><primary>one-time passwords</primary></indexterm>
<indexterm>
<primary>security</primary>
<secondary>one-time passwords</secondary>
</indexterm>
<para>Per default &os; include il supporto per OPIE (One-time Passwords
In Everything), configurato per utilizzare l'hash MD5.</para>
<para>Ci sono tre tipi di diverse password di cui parleremo in seguito. Le
prime sono le normali pasword &unix; o Kerberos, che verranno chiamate
<quote>password &unix;</quote>. Il secondo tipo sono le password one-time
generate dal programma OPIE &man.opiekey.1; e accettate dal programma
&man.opiepasswd.1; e dal prompt di login, che chiameremo
<quote>password one-time</quote>. L'ultimo tipo di password è la
password segreta che darai al programma <command>opiekey</command> (e
qualche volte al programma <command>opiepasswd</command>) e che viene
utilizzata per generare le password one-time, che chiameremo
<quote>password segreta</quote> o più semplicemente
<quote>password</quote>.</para>
<para>La password segreta non ha niente a che vedere con la password &unix;;
possono essere uguali ma questo è sconsigliato. Le password
segrete di OPIE non sono limitate a 8 caratteri come le vecchie password
&unix;<footnote><para>In &os; le normali password di login possono essere
lunghe fino a 128 caratteri.</para></footnote>, possono essere lunghe
quanto ti pare. Sono abbastana diffuse password composte da frasi di sei
o sette parole. Per la maggior parte, il sistema OPIE funziona in modo
totalmente indipendente dal sistema di password &unix;.</para>
<para>Oltre alla password, ci sono altre due informazioni utili a OPIE. Una
è nota come <quote>seme</quote> o <quote>chiave</quote> e consiste
di due lettere e cinque numeri. L'altra è nota come
<quote>numero di iterazioni</quote> ed è un valore tra 1 e 100.
OPIE crea la password one-time concatenando il seme e la password segreta
ed applicandovi l'hash MD5 tante volte quanto specificate dal numero di
iterazioni, trasformando poi il risultato in sei corte parole inglesi, che
saranno la tua password one-time. Il sistema di autenticazione
(principalmente PAM) mantiene traccia dell'ultima password one-time usata
e autentica l'utente se l'hash della password fornita dall'utente
è uguale alla password precedente. Dato che viene usato un hash,
ovvero una funzione matematica a senso unico
<!--TODO:non invertibile? "Because a one-way hash is used"-->
è impossibile generare password one-time future se viene catturata
una password durante il suo utilizzo; il numero di iterazioni viene
decrementato dopo un login avvenuto con successo per mantenere l'utente e
il programma di login in sincrono. Quando il numero di iterazioni scende
a 1, OPIE deve essere reinizializzato.</para>
<para>Nelle seguenti spiegazioni si farà riferimento a vari
programmi: il programma <command>opiekey</command> richiede un numero di
iterazioni, un seme e una password segreta e genera una password one-time
o una lista di password one-time consecutive; il programma
<command>opiepasswd</command> viene utilizzato per inizializzzare OPIE e
per cambiare password, numeri di iterazioni, semi e password one-time; il
programma <command>opieinfo</command> analizza i file di credenziali
(<filename>/etc/opiekeys</filename>) e stampa il numero di iterazioni
e il seme correnti dell'utente che lo richiama.</para>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="tcpwrappers">
<title>TCP Wrappers</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="kerberosIV">
<title><application>KerberosIV</application></title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="kerberos5">
<title><application>Kerberos5</application></title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="openssl">
<title>OpenSSL</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="ipsec">
<title>IPsec</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="openssh">
<title>OpenSSH</title>
<sect2 xml:id="security-ssh-tunneling">
<title>SSH Tunneling</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect2>
</sect1>
<sect1 xml:id="fs-acl">
<title>File System Access Control Lists</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="security-portaudit">
<title>Monitoring Third Party Security Issues</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="security-advisories">
<title>&os; Security Advisories</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
<sect1 xml:id="security-accounting">
<title>Process Accounting</title>
<para>Traduzione in corso</para>
</sect1>
</chapter>